domenica 21 aprile 2013

FREDERICK GRAHAM SPEIDEL, L'EREDITA' TEMPLARE IN MASSONERIA



Frederick Graham Speidel, L’eredità templare nella massoneria - Il Rito di York (a cura di Franco Valgattarri), Mimesis editore, 2010 (€.14,00)

Veramente ricco e documentato il saggio di Frederick Graham Speidel, che, pure in un volumetto di dimensioni contenute (146 pagine) e di agile lettura, riesce a tracciare un’esauriente presentazione del Rito di York, della sua storia, del suo simbolismo, penetrando i segreti delle tre camere (il Capitolo dei Liberi Muratori dell’Arco Reale, il Concilio dei Maestri Reali ed Eletti o Massoni Criptici, e la Commenda dei Cavalieri Templari), ma - prima di ogni altra cosa - tratteggia le caratteristiche della Massoneria Azzurra (nei tre gradi di Apprendista, Compagno d’arte e Maestro).
E fa tutto questo lungo percorso muovendosi su quel crinale sottile, impervio e pericoloso che separa la storia dalla leggenda, senza mai trascendere nella paccottiglia «di genere» che troppo spesso affligge la letteratura massonica, ma d’altra parte senza cedere alla tentazione di un approccio freddo e distante come talvolta risulta quello meramente accademico.
Speidel esce vittorioso da questa sfida per propri meriti, ma certamente anche perché la massoneria si presta a questa lettura doppia (ancorché difficoltosa), fondata tanto sulla storia quanto sul mito.
Merito va anche a Franco Valgattarri che ha curato l’edizione italiana di un’opera che ha ormai più di quarant’anni (risale al 1978), ma pare non risentirne, anche perché il curatore italiano non ne è un semplice traduttore ma ha svolto abilmente il suo ruolo di adattatore al contesto attuale italiano.
Ma il giudizio sarebbe incompleto se tacessimo un difetto, tutto italiano, del libro: vuoi per sfruttare abilmente il filone templare che sta riscuotendo tanto successo, vuoi per l’italica mania di non rispettare nella traduzione i titoli originali, il volume promette nel titolo ciò che in realtà non può mantenere: l'eredità templare della massoneria non si esaurisce infatti nel Rito di York, ma permea ad esempio alcuni gradi del Rito Scozzese Antico ed Accettato, di cui nel libro non si trova traccia, mentre il saggio di Speidel si sofferma lungamente, come detto, sulla Massoneria dell’Arco Reale e su quella Criptica, che non hanno una diretta filiazione (o anche solo ispirazione) templare. Ma certo non è colpa di Speidel, che aveva onestamente intitolato il libro «The York Rite of Freemasonry, a History and Handbook», la cui traduzione letterale suonerebbe semplicemente come «Il Rito di York della Massoneria, una storia e un manuale».
Peccato davvero, perché con la carenza di volumi italiani sul Rito di York (escludendo saggi molto specifici su alcuni peculiari aspetti, ricordiamo appena un paio di opere firmate da Massimo Graziani e poco più) il libro ne avrebbe forse potuto trarre dei vantaggi, persino in termini di marketing.
                  
                                                                           Marco Rocchi

giovedì 18 aprile 2013

PAOLO LUCARELLI, SCRITTI ALCHEMICI E MASSONICI




Paolo Lucarelli, Scritti alchemici e massonici di un grande alchimista del nostro tempo, Mimesis Editore, 2012 (€.28,00)


Gratianus, alchimista di cui abbiamo già recensito il libro "L'arca d’argento", si è fatto carico di raccogliere gli scritti di Paolo Lucarelli nel periodo 1978-2005.
È un’opera ponderosa, per la quale si deve ringraziare non solo il curatore, ma anche l’illuminata disponibilità della Mimesis che si è fatta carico di un impegno editoriale non indifferente.
Ma chi era Paolo Lucarelli? Sebbene il suo nome sia molto noto negli ambienti esoterico-massonici, non sono molti a conoscere la sua biografia. Non molti sanno, ad esempio, della sua solida preparazione scientifica, culminata con la laurea in Fisica.
Molti conoscono la sua appartenenza massonica (che lo porterà fino al 33° grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato - a riguardo del quale ha scritto alcuni saggi indimenticabili presenti nel volume - e a prestigiosi incarichi nel Grande Oriente d’Italia), ma pochi sanno che questa esperienza precedette temporalmente il suo interesse per l’alchimia, e certamente ne rappresentò uno stimolo.
Non molti sono a conoscenza del fatto che fu l’ultimo (e dopo la morte di Jean Laplace anche l’unico) erede spirituale di Eugene Canseliet, a sua volta erede del sapere di Fulcanelli.
Fu proprio la scomparsa del sodale e fraterno amico Laplace - avvenuta nel 1996 - a imprimere in Lucarelli una svolta ancora più spirituale di quanto già non manifestasse in precedenza. In questo periodo si avvicina anche al Taoismo, al Sufismo, alla mistica Orientale. Fu come se «la profonda emozione lo spingesse a ricordare al ristretto gruppo di allievi operativi che ruotavano attorno a lui [Gratianus è tra questi? Io credo di sì] i limiti della condizione umana, e l’inevitabile profonda solitudine di chi si avvicina alla Conoscenza del Sacro: Initium Sapientiae Est Timor Dei», come ci ricorda il curatore nelle pagine finali del volume, dedicate alla biografia del Maestro.
E noi, guidati da queste parole, ci accorgiamo, leggendo i vari saggi, di questo cambiamento: i primi lavori ci appaiono talvolta di approfondimento culturale (sebbene sempre intimamente vissuti, come le parole lasciano trasparire in filigrana), mentre i contributi più tardi sono più intimi, diventano espressione viva e vitale dell’esperienza iniziatica. Forse più difficili da intendere - come dev’essere necessariamente nell’ambito di una disciplina iniziatica - ma certamente anche più veri, come se l’intuizione si fosse fatta carne, come se lo Spirito emergesse con prepotenza in ogni parola.
Eppure resta in Lucarelli il desiderio di comunicare a chi sia in grado di intendere, senza far pesare all’interlocutore la sua straordinaria posizione, che è quella del Maestro, un Maestro vero. È un Maestro che parla al cuore e alla mente, con la generosità di chi dona la propria conoscenza, pur nella consapevolezza che gran parte del percorso dovrà farla (se vorrà e potrà) l’interlocutore, l’allievo assetato di sapere.
Paolo Lucarelli scrive fino all’ultimo, fino al 14 luglio 2005, data in cui muore o - per meglio dire - «lascia questa manifestazione». Dietro di lui un vuoto immenso, riempito solo dalla speranza che i suoi insegnamenti non vadano perduti.
Ci penseranno i suoi allievi, ci sta pensando Gratianus, cui va il nostro riconoscente omaggio.